Le memorie emotive: circuiti digitali o pattern d’onda?

E’ esperienza comune di tutti noi come le memorie, specie quelle dei vissuti emotivi, seguano dei meccanismi di “richiamo” preferenziali. Spesso questo avviene in maniera automatica o inconscia, ma di fatto ci ritroviamo a vivere ancora oggi situazioni attraverso le lenti e il peso emotivo di un passato spesso anche molto lontano.

memorie immagini mentali

Esempi tipici sono tutti quei frangenti nei quali si scatena una reazione emotiva “sproporzionata” rispetto al fatto che l’ha attivata…la razionalità comincia poi a trovare ogni motivo per giustificare e legittimare l’entità della reazione, ma a voler essere onesti con se stessi, bisogna riconoscere che si sono attivati “pacchetti” emotivi pregressi, creatisi in altre situazioni che con quella attuale possono avere magari qualche elemento di somiglianza.

Quali sono i processi che collegano lontane memorie del passato con il nostro “oggi”?

I CIRCUITI NEURONALI

Nei libri di psicologia attuali il cervello è generalmente descritto in termini di circuiti o connessioni in rete. Questi circuiti permettono ai neuroni di comunicare tra loro attraverso un linguaggio elettrochimico, in cui i neurotrasmettitori hanno un ruolo chiave nel passaggio dell’informazione all’interno del circuito.

In quest’ottica, l’apprendimento è considerato un processo di formazione di nuove connessioni tra neuroni (plasticità di Hebb). Fondandosi sempre su questo modello, le neuroscienze hanno identificato delle zone “calde” per l’immagazzinamento di memorie emotive, specie di quelle legate al condizionamento della paura.

Il ricercatore LeDoux ha identificato ad esempio nell’amigdala uno snodo chiave nel processare quelle memorie traumatiche che sembrerebbero rimanere impresse in zone specifiche del cervello in maniera apparentemente indelebile.

amigdala mandorla

Questo modello delle memorie emotive basato sui circuiti neuronali è molto efficace nel descrivere come ancora oggi rimaniamo irretiti, per esempio, nelle situazioni di paura, ma non risulta del tutto adeguato per comprendere perché una vita successiva di altre memorie non abbia un impatto sufficiente per “scalzare” quelle memorie più antiche. Oppure perché tutto il resto del cervello non sia in grado di modulare o riequilibrare quei circuiti ospitati in una quantità di tessuto della grandezza pari a quella di una mandorla.

NEUROPETIDI E NETWORK MENTE-CORPO

La visione dei processi cerebrali basata sui neuropeptidi sostenuta dalla neuroscienziata Candace Pert ha offerto più recentemente un passaggio ulteriore.

Per la Pert, non esisterebbe più solo un insieme di circuiti nel cervello, ma un sistema dinamico intelligente che unifica mente e corpo e che scambia rapide e massicce informazioni in senso bidirezionale.  In questa visione, le emozioni “indigerite” legati a vissuti di stress o traumi impediscono alle molecole di emozioni di fluire liberamente dove necessario. Ecco che tutti i processi autonomici regolati dai neuropeptidi, come respirare, digerire, difenderci dai patogeni, collassano in pochi loop e impediscono i normali processi di autoregolazione e autoriparazione propri del network mente-corpo.

In questa caratterizzazione dei sistemi biologici come un network psicosomatico bidirezionale, la Pert afferma che le emozioni devono esistere prima o al di fuori della realtà fisica. “Le emozioni sono il contenuto informazionale che viene scambiato per mezzo del network psicosomatico, con molti sistemi, organi e cellule partecipanti nel processo. Le emozioni hanno la capacità di agire all’interfaccia tra il mondo fisco e quello mentale: in qualità di neuropeptidi e dei loro recettori sul versante fisico, in qualità dei vissuti di cui facciamo esperienza e che chiamiamo emozioni nel versante non materico.

In questa visione, le memorie sono immagazzinate a livello cellulare e possono essere risolte recuperando e rivivendo l’originaria emozione traumatica, portandola alla coscienza insieme ai pensieri associati all’evento stressante. In questo modo si ripristina la fisiologica cascata dei neuropeptidi.

Pert neuropeptidi PNEI

La Pert infatti descrive la felicità come quello stato in cui facciamo esperienza dei neuropeptdi che fluiscono liberamente nel network psicosomatico, muovendosi in maniera integrata e coordinata in un movimento fluido e ritmico.

La visione della Pert rappresenta un ponte che ci conduce a quella che è la visione analogica dei processi cerebrali, basata sulla teoria dei pattern d’onda e che trova in Pribram il suo massimo esponente.

Una delle argomentazioni avanzate contro la teoria dei circuiti neuronali è stata la seguente: una volta che un condizionamento è stato appreso e impresso nei circuiti, perché questo può essere rievocato anche dalla stimolazione di cellule sensitive che non sono mai state coinvolte nell’originario processo di apprendimento? In altre parole, perché dei circuiti cellulari che non hanno mai ricevuto l‘impulso elettrico originario possono reagire successivamente come se fossero stati coinvolti anch’essi nella prima stimolazione?

TEORIA HOLONOMICA O
DEI PATTERN D’ONDA

La teoria holonomica del cervello di Pribram (teoria analogica o dei pattern d’onda) permette di rispondere anche a questo tipo di quesiti.

Pribram dimostra che nel cervello non esistono solo gli impulsi neuronali (spike) che trasportano l’informazione da un punto all’altro, ma anche pattern ondulari di informazione che spiegherebbero le proprietà olistiche dei processi percettivi.

Pribram rete sinaptodendritica

Questi pattern o fronti d’onda si generano in quella rete di fibre sottili localizzata tra le arborizzazioni finali del terminale assonico (teledendrons, parola che non ha traduzione italiana, ancora) e i dendriti del successivo neurone. Teledendoroni e dendriti formano una sottile rete in cui i processi non coinvolgono gli impulsi nervosi caratterizzati dagli spike, ma piuttosto sono caratterizzati da depolarizzazioni e iperpolarizzazioni dei potenziali elettrici delle membrane di queste fibre fini.

In sostanza, il network teledendroni-dendriti funziona tramite polarizzazioni fluttuanti, oscillanti, in una sorta di caleidoscopio naturale che coinvolge ora un certo tipo di cellule, e ora un altro.

L’attività registrata dall’EEG altro non sarebbe per la maggior parte che un riflesso di queste fluttuazioni.

La teoria holonomica del cervello suggerisce che la nostra esperienza cosciente sia legata a quello che accade in questa rete sottile sinapto-dendritica. Viceversa, l’esperienza automatica o riflessa sarebbe organizzata dagli impulsi elettrici per come spiegato dal modello dei circuiti.

Nella visione holonomica del funzionamento cerebrale, i processi e le informazioni sono distribuiti in tutto l’organo. Nello specifico, la memoria può essere divisa in una struttura profonda e in una superficiale: la struttura profonda è distribuita, mentre quella di superficie (alla quale spetta il meccanismo di richiamo delle memorie) è composta di circuiti di impulsi nervosi altamente localizzati.

caleidoscopio Pribram memorie

Il controllo dell’informazione nel cervello è quindi influenzato dalla creazione di focolai dominanti temporanei di campi di attività elettromagnetica. L’auto-organizzazione deriva dall’influenza duratura di questi controlli sulla distribuzione dell’informazione.

LA PARTE RICHIAMA SEMPRE L’INTERO

Proprio come nell’ologramma, in questa visione ogni “parte” è distribuita in tutto l’intero e ogni parte, quindi, contiene tutto l’intero.

La metafora olografica viene utilizzata come modello del processamento nella rete sottile sinaptico-dendritica.

Se alla domanda “Dove sono immagazzinati i nostri ricordi?” la teoria dei circuiti risponderebbe “Nell’amigdala”, la teoria holonomica suggerisce invece che la memoria sia registrata nel dominio dello spettro con pattern d’onda oscillanti in tutto il cervello.

Questo spiegherebbe perché un input parziale è in grado di richiamare tutta la memoria e perché la memoria possa essere rievocata indipendentemente dalla grandezza o dalla posizione dell’input.

spettro onda cervello

Nella teoria holonomica si può descrivere l’emozione come un “trigger” che richiama le memorie più profonde e tutte le sue risposte somatiche. Un fatto esterno oggi attiva dentro di noi un’emozione “trigger” che richiama le memorie più profonde, “trasformandole” (tramite funzione matematica che è la trasformata di Fourier) in un’immagine attuale con le “vecchie” emozioni, presenti come se fossero attuali e “appena nate”.  

Se nella teoria dei circuiti le memorie sono tracce indelebili, nella teoria biochimica della Pert le emozioni stressogene memorizzate possono essere rilasciate. La teoria holonomica può invece intervenire tramite una RICOSTRUZIONE della memoria, così che il dominio dello spettro possa arricchirsi di una memoria positiva del fatto conflittuale originario.

Riferimenti bibliografici fondamentali

  • Pribram, Karl H. (1999). Conscious awareness: processing in the synaptodendritic web. New Ideas in Psychology, 17, 205-214.
  • Pert, Candace B. (1997). Molecules of Emotion. New York, NY: Scribner.
  • LeDoux, J. (1996). The Emotional Brain. New York: Simon & Schuster.

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