Comunicazione collaborativa o contingente:
il qui e ora nella relazione
Una comunicazione efficace favorisce lo sviluppo nel bambino di un attaccamento sano, nell’ambito di una relazione genitore-figlio basata sulla fiducia reciproca.
Si parla di comunicazione collaborativa o contingente quando i segnali inviati dal bambino vengono percepiti e compresi dal genitore, che risponde in maniera adeguata, con la creazione di un sistema di comunicazione che richiede la collaborazione di entrambi.
Nelle comunicazioni contingenti, chi riceve i segnali è pronto a recepirli usando tutti i proprio sensi e senza preconcetti; le sue risposte e reazioni non dipendono da ciò che si attende in base a schemi mentali rigidi e fissi, ma dal reale contenuto dei messaggi altrui.
Lo scambio avviene nel presente e non è influenzato da preoccupazioni e interferenze che derivano da eventi interni del passato.
Sintonia genitore-figlio: la base del sentirsi compresi
Comunicazioni contingenti possono dare origine a una sintonia tra genitore e figlio perché il genitore, anziché reagire in modo automatico e stereotipato, risponde ai segnali effettivamente inviati dal bambino.
Nelle comunicazioni contingenti il genitore, soprattutto, è capace di ascoltare; spesso i genitori non lo fanno, immersi nelle loro sensazioni e nei loro pensieri. Inoltre il vero contenuto dei messaggi espressi da un bambino non è sempre evidente e per comprenderlo un genitore deve essere in grado di decodificare i segnali ricevuti.
Quando un bambino non si sente compreso, piccole cose possono diventare grandi problemi.
Cosa accade dal punto di vista neurobiologico quando si stabiliscono diverse modalità di comunicazione interpersonale?
Il senso di Sé si fonda su ripetute esperienze
di interazioni “coerenti”
Quando inviamo un segnale, il nostro cervello è recettivo nei confronti delle risposte degli altri a tale segnale; le risposte che riceviamo si iscrivono quindi nelle mappe neurali che formano il nucleo del nostro senso di noi stessi.
In altre parole, si crea nel nostro cervello una rappresentazione neurale del “Sé visto dall’altro”, che diventa un aspetto centrale del nostro senso di identità.
Una comunicazione contingente nell’ambito di una relazione alimenta una forte coerenza interna del Sé.
I bambini si “sentono sentiti”: percepiscono che la loro mente in qualche modo esiste nella mente del genitore.
Pensiamo a cosa può accadere se un bambino piange perché ha il pannolino bagnato ma il genitore non comprende il segnale e non fornisce una risposta adeguata. Può reagire offrendo al bambino del cibo, cullandolo per farlo dormire oppure cercare di distrarlo giocando con lui. Il bambino può provare disagio, mancanza di sintonia e sconforto che deriva dal fatto di non ricevere risposte contingenti e adeguate. Se vive ripetutamente esperienze che non risultano coerenti, il bambino non sa che cosa deve aspettarsi o su che cosa può fare affidamento. I segnali che riceve sono contraddittori: la relazione con il genitore comporta comunicazioni che a volte sono contingenti e coerenti, a volte no. Di conseguenza, per il bambino il mondo diventa un luogo insicuro, origine di incertezza e ansietà.
Riparare un distanziamento emotivo
Quando si verificano distanziamenti emotivi, possiamo cercare di riparare queste rotture: i nostri figli apprendono così che la sintonia può essere ripristinata.
Contribuire alla creazione di un sistema di comunicazioni intime e collaborative può essere difficile per un genitore che nell’infanzia non ha provato un simile senso di coinvolgimento. Prestare attenzione ai segnali inviati dai nostri figli, per cercare di percepirli, di comprenderli e di rispondere in modo appropriato, costituisce una sfida continua.
Non negare la realtà del bambino
Un bambino che riceve risposte non contingenti e non adeguate può provare un senso di disagio emozionale che riduce la sua disponibilità a ulteriori tentativi di coinvolgimento emotivo: rimane confuso se la realtà di una sua esperienza non è capita o viene negata dai genitori o da altri adulti per lui significativi.
Quando un bambino ci dice ciò che pensa di provare in un determinato momento, è importante cercare di rispettare la sua esperienza anche se non coincide con ciò che noi sentiamo.
I genitori dovrebbero fare attenzione alle esperienze dei loro figli e imparare a comprenderle, anziché spiegare ai bambini che quello che pesano o provano non ha fondamento.
Quando non esiste corrispondenza tra le richieste di interazione e le risposte indifferenti di un adulto significativo, un bambino può sentirsi solo e isolato. Quando le sue emozioni sono attivate, un bambino spesso prova il bisogno di comunicare con gli altri. È in questi momenti che i bambini risultano maggiormente vulnerabili rispetto ad atteggiamenti che sono espressione di una mancanza di attenzione e sensibilità nei loro confronti.
Prima capire e condividere, poi risolvere
Quando con le nostre risposte cerchiamo di trovare rapide soluzioni a una data situazione, perdiamo l’opportunità di stabilire con i nostri figli una comunicazione collaborativa. Inoltre, tentando di risolvere in questo modo eventuali problemi dei nostri bambini, non rispettiamo la loro capacità di affrontare in maniera autonoma le difficoltà. Cercare di sistemare le cose prima di avere compreso e condiviso le esperienze dei bambini può essere espressione di intrusività e di mancanza di rispetto nei loro confronti.
I processi emozionali non “pesano”
quanto i contenuti verbali
Molto spesso poi ci concentriamo sul contenuto dei nostri scambi verbali (elaborati dall’emisfero sinistro) e non facciamo abbastanza attenzione ai processi di coinvolgimento emotivo che si creano con la persona che abbiamo di fronte (segnali non verbali elaborati dall’emisfero destro). Il significato delle nostre interazioni risiede però quasi sempre in questi processi, non nei contenuti delle parole: la comunicazione si basa sulle modalità con cui entriamo in sintonia con gli altri, non sulla condivisione di particolari informazioni.
I bambini vogliono sapere come i genitori si sentono, non solo quello che pensano. I nostri figli imparano a essere empatici non tanto ascoltando le parole che diciamo, quanto osservando come rispondiamo a livello emozionale.
Rispettando le nostre esperienze, e nello stesso tempo quelle dei nostri figli, possiamo permetterci di essere spontanei e di esprimere pienamente le nostre emozioni.
I pattern di comunicazione utilizzati dai genitori influenzano in maniera significativa lo sviluppo di coerenza nelle menti dei loro bambini. Diventare consapevoli sia dei processi sia dei contenuti delle proprie comunicazioni interpersonali è parte fondamentale di una conoscenza coerente di sé, oltre che dello stabilirsi di un senso di intimità e unione che fa sentire l’Io parte di un “Noi”.
Rielaborato da Errori da non ripetere di D. Siegel e M. Hartzell