Il dominio di frequenza: oggettivo o soggettivo?

memoria percezione ologrammaOk, abbiamo visto che la memoria e i processi percettivi lavorano sfruttando i principi di funzionamento degli ologrammi.

Lo sviluppo dell’ologramma lo dobbiamo a Dennis Grabor, che nel 1947 applicò il calcolo matematico elaborato da Fourier con l’iniziale scopo di migliorare il microscopio elettronico.

Eh sì, qui si va sul tecnico, su passaggi non masticabili da tutti i palati, ma li propongo nella convinzione che anche i non addetti ai lavori possano trarre suggestioni importanti dal capire come il nostro cervello segua una ferrea logica matematica…

Il sistema matematico sviluppato nel diciottesimo da Fourier permetteva di convertire qualsiasi schema in un linguaggio di onde, per essere poi nuovamente trasformate nello schema originale. Per fare un esempio pratico: una telecamera trasforma un’immagine in frequenze elettromagnetiche e poi l’apparecchio televisivo la ritrasforma nell’immagine originale. Analogamente, Fourier aveva dimostrato in quale modo un simile processo potesse essere portato a termine matematicamente. Le equazioni sviluppate da Fourier permettono di trasformare le immagini in forme d’onda e da queste tornare all’originale, e sono note come trasformate di Fourier.

Le trasformate di Fourier hanno permesso a Gabor di trasformare la fotografia di un oggetto nella forma di schemi di interferenza su una porzione di pellicola olografica. Hanno inoltre permesso di ideare una strategia per ritrasformare quegli schemi nell’immagine dell’oggetto originale.

Le ricerche condotte negli anni Sessanta e Settanta hanno portato alla conclusione che il cervello usi la matematica di Fourier, la stessa impiegata dall’olografia, per convertire le immagini visive nel linguaggio di forme d’onda di Fourier.

cervello ologramma fourier

Rappresentazione di una stessa informazione tramite onda semplice nel dominio del tempo (sopra) e tramite trasformata di Fourier nel dominio della frequenza (sotto)

Quello che le ricerche hanno dimostrato infatti era che le aree cerebrali coinvolte nella visione rispondevano non agli schemi originali, ma alle conversioni di Fourier degli schemi, cioè rispondevano alle frequenze di varie forme d’onda. Queste evidenze hanno portato Pribram a rivalutare il ruolo giocato dalla frequenza negli altri sensi. E in effetti proprio in quegli anni si rivalutava la dimostrazione che anche l’orecchio è un analizzatore di frequenze, cosi come in epoca più recente si è parlato per l’olfatto di “frequenze osmiche”.

La caratteristica “quintessenziale” di un ologramma è di creare l’illusione che le cose siano localizzate dove non lo sono. L’ologramma infatti sembra estendersi nello spazio, ma si tratta di un’immagine virtuale, che sembra essere dove non è, e non possiede più estensione nello spazio di quanta ne abbia l’immagine tridimensionale di noi stessi quando ci guardiano allo specchio.

In altre parole, attraverso questa “illusione” il cervello ci inganna…se in ultim’analisi le nostre esperienze si traducono in processi neurofisiologici tutti interni, come può il cervello farci credere che alcune siano interne ed altre invece esterne, cioè al di fuori del nostro corpo? Tanto la rabbia, l’amore, la tristezza quanto il calore del sole, la fragranza del pane o il suono di un’orchestra si trasformano in un linguaggio di onde, che il nostro cervello elabora discernendo tra ciò che percepiamo come esistente “nel mondo là fuori” e cosa invece nel nostro vissuto interiore.

È il linguaggio costituito dai fronti d’onda interferenti che permette al cervello di localizzare alcune esperienze al di là dei confini fisici del corpo. Pribram utilizza il modello olografico anche per spiegare il noto fenomeno dell’arto fantasma, ovvero la sensazione provata da alcuni amputati che il braccio o la gamba mancante sia ancora presente. Queste persone spesso provano dolore, prurito o bruciore in corrispondenza dell’arto fantasma, e alla luce di queste considerazioni è razionale ritenere che quello che sperimentano sia la memoria olografica dell’arto che è ancora registrata negli schemi di interferenza nei loro cervelli.

memoria percezione frequenze

Inutile dire che l’accettazione del modello olografico non è stata così immediata, a dispetto della sua capacità di spiegare il funzionamento del cervello. E questo perché si tratta di entrare in un nuovo regno, il dominio delle frequenze, diverso da quello chimico che vorrebbe che tutti i processi fossero spiegati per l’azione e interazione di sostanze tangibili e concrete

I quesiti che apre il modello olografico non sono pochi…se l’immagine della realtà nei nostri cervelli non è un’immagine, ma un ologramma, è un ologramma di che cosa? Le logiche conclusioni che ne deriverebbero aprirebbero la porta alla possibilità che la realtà “oggettiva” possa non esistere, o perlomeno non esistere nel modo in cui crediamo. E se ciò che esiste là fuori fosse una vasta risonante sinfonia di forme d’onda, un dominio di frequenza, che viene trasformato nel mondo che conosciamo solo dopo essere entrato nei nostri sensi?

Insomma, immaginiamoci di fare una Polaroid di un gruppo di amici seduti al tavolo di casa nostra, sviluppiamo la foto e…sorpresa: scopriamo che invece di persone, ci sono solo nuvole indefinite di schemi di interferenza posizionate attorno al tavolo…

Per approfondire il modello olografico secondo Pribram accedendo ai suoi lavori originali, clicca qui.

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