I 2 cervelli e la somatizzazione del “trauma”

secondo cervello trauma somatizzazione

Anno 2001…e no, niente Odissea nello Spazio, piuttosto era l’anno in cui ancora studentessa alla Facoltà di Medicina, cominciavo ad interessarmi dei rapporti tra i due cervelli. Il cosiddetto “asse intestino-cervello” (gut-brain axis) era veramente agli esordi, riuscii a stabilire una collaborazione tra il Dipartimento di Gastroenterologia e quello di Psichiatria per pubblicare il mio primo articolo (consultabile da questo link: cliccare sul pulsante in alto a destra per il download). A rileggerlo oggi, fa a tratti sorridere per certe espressioni che tentavano di dipingere concetti ancora poco definiti nella letteratura scientifica, eppure oggi sempre chiari e attuali.

Un dato saliente è il riscontro nei pazienti affetti da Disturbi Funzionali Gastrointestinali di un’ipersensibilizzazione nella cui patogenesi potrebbero agire fattori emozionali ed eventi stresanti, sostenendo o aggravando modificazioni nella liberazione di neuropeptidi e nella risposta immunitaria, sia a livello del tratto gastroenterico che dei gangli del sistema nervoso enterico e centrale.

Quello che volevo cogliere, districandomi tra gli incastri imposti dalle definizioni del DSM, era come un’informazione impropria per l’individuo, non correttamente integrata all’interno dei processi alla base della coscienza (una sorta di “corpo estraneo”, insomma), potesse “somatizzarsi” tanto a livello delle funzioni mentali/comportamentali, quanto a livello degli organi periferici, e in particolare  dell’apparato gastrointestinale, dando un razionale ai tantissimi casi “incomprensibili” di disturbi funzionali (tipo colon irritabile, per intenderci).

Sebbene gli esatti meccanismi ancora non siano del tutto chiari, è ipotizzabile che in alcuni soggetti questo “corpo estraneo” possa portare a disturbi sul piano psichico, come ad esempio nei classici disturbi post-traumatici e dissociativi, oppure a disturbi in forma somatica, dove la manifestazione sarebbe rappresentata da “attivazioni anomale”, disturbi funzionali che possono coinvolgere il sistema muscolare, sensoriale o il sistema nervoso vegetativo.

L’informazione “estranea” viene definita come un “trauma”, e anche se generalmente si fa riferimento ad un evento traumatico come a qualcosa di “oggettivamente tale” (una violenza, un episodio catastrofico, etc.), oggi sappiamo che il concetto di “trauma” è strettamente connesso anche alla violazione interiore della propria identità, e in questo senso molto più dipendente dai meccanismi soggettivi con i quali la persona vive e percepisce le esperienze.

E’ probabile che un trauma psicologico, quale può essere una “violenza”, non riesca a trovare una sistemazione e si configuri come un corpo estraneo all’interno della coscienza. Questo persiste all’interno del sistema psichico e può essere riattivato da successive esperienze, fatti o pensieri associabili al trauma o dalla memoria del trauma stesso.

In quel momento, l’interazione bidirezionale tra cervello e sistema gastrointestinale era già riconosciuta, potendo quindi rappresentare una solida base per le osservazioni cliniche di medicina psicosomatica. In sostanza, l’idea era che un alterato funzionamento della coscienza possa manifestarsi non solo con fenomemi psicologici e comportamentali anomali (anmesie, personalità multiple, sensazione di non riconoscimento del proprio corpo), ma anche con alterazioni funzionali somatiche (dissociazione somatoforme).

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Riferimenti teorici

Tra le tante letture, sono stati 3 gli autori che cominciarono a stimolare in particolare le mie ricerche in quest’area. Briquet nel 1859 racconta come l’isteria riconosca alla base delle esperienze “traumatiche”. Janet descrive meravigliosamente come il ricordo di “traumi” subiti possa essere immagazzinato al di fuori della propria cocienza ed esprimersi, come fisiologica conseguenza, anche con sintomi somatici. Infine Antonio Meneghetti, uno scienziato italiano che ho avuto la fortuna di poter conoscere: le sue pionieristiche intuizioni sul ruolo del cervello enterico nel processo di coscienza accendevano in quegli anni una fiammella che oggi arde viva e alimenta una passione autentica per quest’area di ricerca, le cui implicazioni ricadono tanto sulle possibilità di evoluzione dell’individuo quanto sulla comprensione e risoluzione dei processi sottesi alla malattia.

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