Spesso mi chiedo se fossi vissuta nella stessa epoca di Galilei chi sarei stata, che posizione avrei preso tra i contemporanei della sua epoca nell’aspro dibattito tra fede e scienza, tra sistema tolemaico e copernicano. Perché per lui due erano le “autorità” davanti alle quali difendere l’autonomia della scienza, quella religiosa da un lato, e quella culturale dall’altro.
Se nutriva profonda stima per Aristotele e gli altri grandi scienziati dell’antichità, in quanto uomini amanti della verità e della ricerca, il disprezzo di Galilei colpiva piuttosto i loro fedeli discepoli, soprattutto gli aristotelici a lui contemporanei, che anziché osservare direttamente la natura e conformare ad essa le loro opinioni, si limitavano a consultare i testi delle biblioteche, vivendo in un astratto mondo di carta…o di byte…epoca che vai, usanza che trovi!
La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi agli occhi (io dico l’universo), ma che non si può intendere se prima non s’impara a intenderne la lingua e conoscere i caratteri nei quali è scritto (da “Il Saggiatore” di Galilei).
Galilei è colui che, in occasione della dissezione di un cadavere, mostra apertamente a tutti che i nervi partono dal cervello, e non dal cuore come insegnato da Aristotele. Tra i commenti che si levarono, qualcuno sentenziò che quella evidenza era talmente chiara da sembrare addirittura vera, se solo non fosse stata così apertamente in contrasto con l’autorità pronunciata da Aristotele…
E non basta l’ideazione di uno strumento come il telescopio per far “vedere” a tutti che la cosmologia tolemaica è morta, perché c’era chi si rifiutava di guardare al telescopio, ritenendolo strumento “diabolico” o “deformante” delle immagini, e chi diceva di non vedere ciò che vedeva Galileo…
E tu, avresti guardato nel telescopio o no? Facile rispondere con un senno di poi di circa cinquecento anni…ma se fossimo stati suoi contemporanei, cosa avremmo considerato scientifico?
E parliamo allora di paradigmi, e facciamoci aiutare da Thomas Kuhn. Un paradigma è definito come “una conquista scientifica universalmente riconosciuta, la quale per un certo periodo fornisce un modello di problemi e soluzioni a coloro che praticano un certo campo di ricerca”.
E Kuhn continua spiegando come, una volta accettato un paradigma, sia necessario un lavoro di ripulitura che costituisce l’attività che impegna la maggior parte degli scienziati nel corso di tutta la loro carrie
“Un’attività di ripulitura di tal genere si presenta come un tentativo di forzare la natura entro le caselle prefabbricate e relativamente rigide fornite dal paradigma. Il compito della scienza normale non è affatto quello di scoprire nuovi generi di fenomeni; anzi, spesso sfuggono completamente quelli che non si potrebbero adattare all’incasellamento. Gli scienziati non mirano neanche, di norma, ad inventare nuove teorie, e anzi si mostrano spesso intolleranti verso quelle inventate da altri. La ricerca nell’ambito della scienza normale è invece rivolta all’articolazione di quei fenomeni e di quelle teorie che sono già fornite dal paradigma”.
In altre parole, una volta definito il recinto di ciò che è accettabile come scientifico, si smette di affacciarsi al di là della staccionata per limitarsi alla visuale del proprio piccolo metro quadro di spazio, avvitandosi sempre di più su se stessi e su quel pezzo che si è scelto di “ripulire”…
“Una delle cose che una comunità scientifica acquista con un paradigma è un criterio per scegliere i problemi che, nel tempo in cui si accetta il paradigma, sono ritenuti solubili. In larga misura, questi sono gli unici problemi che la comunità ammetterà come scientifici e che i suoi membri saranno incoraggiati ad affrontare. Altri problemi, compresi alcuni che erano stati usuali in periodi anteriori, vengono respinti come metafisici o come appartenenti ad un’altra disciplina”.
Cioè, il paradigma delimita anche le domande che sarà legittimo porsi come scienziati…o perlomeno per continuare ad essere accreditati come tali.
“Una delle regioni per cui la scienza normale sembra fare progressi così rapidi è che coloro che svolgono attività di ricerca entro i suoi quadri, concentrano il loro lavoro su problemi che soltanto la loro mancanza di ingegnosità potrebbe impedir loro di risolvere”.
W le ultra-specializzazioni quindi, e le risposte a dei rompi-capo che tanta risonanza hanno all’interno del recinto del paradigma (perché poi il passaparola conta ed è veloce!), ma di cui forse alla fine non riusciamo neanche più a cogliere la connessione con la totalità del reale, di quel reale cioè che si estende oltre il recinto del paradigma scientifico.
“Un uomo può venire attratto verso la scienza per tante ragioni diverse. Tra queste v’è il desiderio di essere utile, l’eccitazione di esplorare nuovi territori, la speranza di trovare un qualche ordine e la spinta a mettere alla prova conoscenze stabilite. […] Nondimeno, l’individuo impegnato in un problema della ricerca normale non fa quasi mai di queste cose. Una volta che si è impegnato nell’impresa, le sue motivazioni sono di tipo completamente diverso. Ciò che allora lo guiderà è il convincimento che, solo che sia abbastanza abile, riuscirà a risolvere un rompicapo che nessuno prima di lui ha sapiuto risolvere o ha risolto così bene. Nella maggior parte dei casi, in nessun ambito particolare di ricerca specializzata si trova qualcosa di diverso da fare: ma ciò non rende la ricerca meno affascinante ai suoi addetti”.
…cosa è scientifico?