viRale o viTale? Perché il negativo in rete corre meglio delle altre emozioni

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Le notizie negative viaggiano più velocemente, si ricordano meglio e attirano “irresistibilmente” di più di quelle positive: hanno una capacità “virale” che le notizie positive non possiedono. Questo fenomeno è noto e descritto in letteratura come negativity bias.

Forse tutti ce ne siamo accorti, ma ne siamo irrimediabilmente schiavi e subiamo questo processo in modo del tutto “acritico”. Un recente studio ha confermato che i tweet che corrono più veloci sono proprio quelli negativi.

Prendo una qualunque bacheca su Facebook e, tra i tanti che si possono citare, pullulano messaggi di amore e rispetto per gli animali e per i bambini…ottimo, e quali immagini trovate associate? Forme deturpate che aggrediscono letteralmente i sensi e l’emozione nel momento in cui ci impattano, portando ad associare un messaggio originariamente positivo con uno stato che è molto lontano dal benessere.

Per non parlare poi di tutto il vasto capitolo della diffamazione: non importa chi sei, cosa hai fatto, cosa è reale e cosa no. Basta dipingere sapientemente un “affascinante” alone di negatività e anche l’operato della più brillante delle menti si tramuta in pastoia per quei pregiudizi e quelle piccolezze che hanno ridotto l’orizzonte di vita di tanti, inclusi quei tanti che pretendono di fare “informazione”.

Cosa significa? Cosa implica tutto questo, ripetuto minuto dopo minuto nella nostra quotidianità?

Da queste premesse è partita la mia ricerca di specializzazione discussa lo scorso 18 Giugno all’Università Statale di San Pietroburgo. Nella tesi si dimostra l’esistenza di un’evidente “asimmetria” nel modo in cui le notizie negative vengono percepite ed elaborate dai soggetti, INDIPENDENTEMENTE DAL MODO nel quale vengono somministrate (sequenza di presentazione, formato scritto o video, etc.).

Ma viene descritto anche un ulteriore passaggio: in ogni soggetto si evidenzia una predisposizione ad un certo modo di percezione della negatività. La stessa notizia negativa viene elaborata da alcuni preferenzialmente con rabbia e disagio, da altri con vergogna, da altri ancora con disprezzo. In altre parole siamo tutti “programmati” a percepire più “efficacemente” il negativo, ed all’interno di questa preferenzialità, ognuno di noi ha poi una sua specifica programmazione, che dipende dalle proprie individuali memorie. La tonalità della nostra emozione oggi è il risultato di strutture che sono sedimentate da tempo nei nostri neuroni. Quindi anche le informazioni ci catturano li dove siamo emozionalmente già predisposti, e questa predisposizione è sempre sul versante della negatività.

Il messaggio è uno: serve una nuova responsabilizzazione nella creazione, nell’utilizzo e nella diffusione di quelle informazioni che fanno facile presa, anche se questo si fa per gioco o scherzo, perché gli effetti che questo gioco produce sono reali. E l’effetto è che i contenuti in apparenza “accattivanti” rinforzano quel filtro che esiste tra ciascuno di noi e la realtà. Si rinforza quella distorsione che ci impedisce di vedere e cogliere il reale per come ci appartiene. Dietro a quell’emozione, vestita magari anche di alti ideali, si attiva un processo psichico che ci allontana dalla nostra realtà interiore. L’informazione della rete induce uno stato psico-emotivo che crediamo essere nostro, ma che in realtà si è stabilmente imposto e sostituito all’informazione che proviene dalla natura del nostro organismo. Non si diventa “acritici” perché si smette di pensare o di valutare, ma perché si continua a farlo usando categorie immesse da fuori che hanno, però, la capacità di innestarsi su informazioni “devianti” di cui noi stessi siamo portatori, e che attivano una realtà psico-emotiva che crediamo essere una nostra spontaneità, ma che di fatto è anti-vitale.

Tra “virale” e “vitale” passa una sola lettera di differenza e ogni momento facciamo una scelta tra una “r” e una “t”. Non si può essere superficiali, nemmeno per un attimo, nella scelta delle informazioni di cui ci nutriamo perché gli effetti dentro sono immediatamente operativi. O la “rete” dello stereotipo o la propria vita.

Qualche giorno fa una persona ha usato questa immagine: “Prendi un barattolo di miele e lascialo lì, dopo poco si riempirà di mosche. Poi vallo a guardare: l’unica cosa che vedrai saranno le mosche”.

Montale diceva che “ognuno riconosce i suoi”. Anche nel web, vediamo quello che vogliamo trovare. Le informazioni le selezioniamo per come siamo dentro.

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