Alimentazione ed (Epi)Genetica

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Sempre più ossessionati dall’analisi dei geni, preoccupati di essere portatori o no di sequenze “letali” per lo sviluppo di tumori o altre patologie…al punto da far sembrare legittimo asportare l’organo incriminato per prevenire l’eventuale malattia. Più difficile accettare che anche i geni possono essere modellati dalle nostre mani. E oggi questa è scienza.

Ogni qualvolta che si alimenta quel sentore di “ineluttabilità” che uccide ogni richiamo alla responsabilità personale dovrebbe scattare in ognuno un allarme rosso: sarà proprio SOLO così?

È ormai da non pochi anni che è ben noto in campo scientifico che ciò che conta non è solo il fatto di essere portatori o meno di certi geni. Il vero fattore chiave è che questi geni vengano o meno espressi, in altre parole che siano biologicamente attivi o disattivi. “Avere” un certo gene non significa infatti che questo sia operativo nei processi dell’organismo. [A dirla tutta, sembra proprio che la maggior parte del nostro DNA sia silente e inattivo, al punto che per molto tempo i ricercatori pensavano si trattasse di DNA “spazzatura”, come se la natura fosse un progettatore insensato e sprecone…]

Immaginate di avere una serie di lampade nei vostri ambienti di casa: è solo quando premete il tasto dell’interruttore che queste si “accendono”, altrimenti possono restare lì inerti anche per tutta la vita. Esattamente come i nostri geni.

E quindi…da cosa dipende la regolazione dell’accensione/spegnimento dei nostri geni, inclusi quelli del cancro al colon, alla mammella o del morbo di Alzheimer?

A livello biologico, questo processo dipende dall’aggiunta al DNA di particolari gruppi chimici (metili, acetili) che regolano lo stato acceso/spento dei geni. In sostanza, non è solo la sequenza di DNA che conta, ma è anche e soprattutto la sua conformazione tridimensionale che permette ai geni di esprimersi oppure di rimanere silenti, in un gioco di scambio e dialogo con l’intero organismo che è decisamente più articolato di quello che ci fanno credere quando ci dicono che a “quel” gene corrisponde “quella” malattia. Questo livello di regolazione del genoma è ciò di cui si occupa l’epigenetica. “Epi” significa “sopra”, proprio ad indicare che questi meccanismi gestiscono l’informazione genetica attraverso l’aggiunta “sopra” al DNA di specifici segnali-interruttori chimici.

E ora veniamo al bello. Accettato che non importa tanto “avere” o “non avere” quel gene, la nuova domanda è: da chi dipende l’accensione o spegnimento dei nostri geni?

Da noi stessi, dai nostri comportamenti e stili di vita. Eh già, scientificamente dimostrato. Modi di pensare, modi di sentire e reagire e abitudini di vita hanno un impatto cruciale sui nostri geni. Figuriamoci lo stile alimentare: ciò che mangiamo e come mangiamo non è solo una questione di calorie e metabolismo, ma anche di fare “clic” su certi interruttori.

Uno dei più potenti regolatori del nostro DNA è cioè nelle nostre mani. Non male, eh?

Quindi il rapporto tra alimentazione e peso corporeo è solo un anello di passaggio nell’ambito di un legame molto più stretto che in ultimo ha a che fare con il prendersi cura dei nostri geni. Eppure continua ad essere più comodo prendere pillole per accelerare il metabolismo, per non assorbire grassi, per digerire latticini o per depurarsi, o addirittura farsi tagliare metri di budella per non fare i conti in maniera critica con atteggiamenti a monte distorti…che equivale un po’ a farsi asportare mezzo cervello quale rimedio alle troppe ruminazioni mentali….

Per chi vuole approfondire
Nella letteratura scientifica sono numerosi i lavori che specificano i diversi aspetti di quanto qui discusso. Andando a spulciare tra le review più recenti, segnalo le seguenti:

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